brand made in Italy

Il Made in Italy: un brand su cui scommettere?

Perché investire in Italia? Il valore del capitale umano e la grande capacità di rileggere la tradizione in ottica di innovazione fanno dell’Italia un’eccellenza a livello internazionale. Che il nostro Paese debba avviare una politica di valorizzazione delle sue risorse, materiali e immateriali, per sostenere con maggiore sistematicità il suo posizionamento strategico sul piano internazionale, è la sfida che BBRAND, agenzia di marketing e comunicazione, sceglie di cogliere ogni giorno per innescare il cambiamento.

BBRAND è giunta a tale conclusione grazie a uno studio accurato e un’analisi rigorosa in merito al Global Attractiveness Index (GAI), l’iniziativa lanciata nel 2016 da The European House – Ambrosetti e finalizzata a rendere disponibile ai decision maker internazionali un innovativo indice-Paese. Si tratta, a tutti gli effetti, di una sorta di “termometro” dell’attrattività di un Paese, in grado di offrire una fotografia rappresentativa dell’attrattività e sostenibilità dei Paesi. Obiettivo: fornire indicazioni affidabili a supporto delle scelte di sistema per la crescita e ottimizzazione dell’ambiente pro-business.

Anche in questo 2017, ormai agli sgoccioli, il progetto è proseguito con l’ambizione di intraprendere un percorso il cui fine ultimo non è la “demolizione” fine a sé stessa dei ranking-Paese, quanto piuttosto la costruzione e il trasferimento, nella valutazione dell’attrattività dei sistemi-Paese, di un approccio e metodologie più oggettive e affidabili. A tal proposito, The European House – Ambrosetti ha attivato una collaborazione con il Joint Research Centre (JRC), con l’obiettivo di ottenere una validazione statistica e controllo scientifico rigoroso.

Misurare l’attrattività Paese

Nel mondo attuale la qualità di un territorio, intesa come efficienza ed efficacia della sua organizzazione e del suo funzionamento, rappresenta un elemento fondamentale in quanto determina le scelte di localizzazione di imprese e persone e, di conseguenza, il livello complessivo di talenti, capitali e asset produttivi a disposizione.

Per tale motivo, nell’indirizzare le decisioni strategiche, la capacità di gestione strategica dell’immagine-Paese pro-business e il posizionamento nelle classifiche internazionali della competitività hanno un peso rilevante. Non a caso, negli headquarters delle multinazionali, i ranking tra Paesi vengono utilizzati come uno strumento informativo atto a indirizzare le scelte di investimento. In aggiunta, le classifiche internazionali sono considerate sempre più importanti per fornire ambiti di intervento e posizionare un Paese agli occhi della business community e dell’opinione pubblica internazionale. Ad oggi, di fatto, vi è una proliferazione di ranking, le cui caratteristiche metodologiche, tuttavia, portano a distorsioni significative rispetto alla realtà fattuale. Così come le statistiche – e ancor di più i sondaggi di opinione – sono solo fotografie attendibili, ma mai perfette e in continuo mutamento.

Ma com’è realizzato l’indice di posizionamento di un Paese? È reso possibile attraverso indagini sulla dinamicità (apertura, innovazione, efficienza, dotazioni) e sulla sostenibilità del sistema (resilienza, vulnerabilità). Non è tutto. Uno dei meriti del GAI è lo scandaglio in profondità degli elementi di competitività dei vari settori, ottenuto grazie all’esame di molteplici KPI (Key Performance Indicator), ovvero sotto-indici che coprono tutti i fattori – economici, ambientali, culturali, giuridici – rilevanti per l’attività di un’impresa e la pianificazione di un investimento.

E L’ITALIA?

A questo punto, sorge spontanea una domanda: qual è, dunque, il posizionamento del nostro Paese? Rispetto alla prima edizione del Global Attractiveness Index, l’Italia ha fatto due passi indietro, ma solo in apparenza. È al 16esimo posto. In realtà, ne guadagna uno perché l’aggiornamento della classifica dell’anno precedente la vede al numero 17. Tuttavia, il GAI tenta di liberare il Paese dal costo implicito dei pregiudizi che subisce.

Per questo motivo, noi di BBRAND crediamo che, per valorizzare il potenziale dell’Italia, sia fondamentale partire dalla consapevolezza, che non può che nascere da un’analisi inclusiva di tutte le diverse forme di valore di cui disponiamo: economico e naturale, umano e sociale. Senza partire da qui, è inverosimile sbloccare l’attrattività del Paese agli occhi degli investitori esteri e innestare un circolo virtuoso che possa contribuire alla crescita del nostro sistema.

D’altronde, è innegabile che l’Italia sia caratterizzata da una forte imprenditorialità naturale, una ricchezza e una diversità territoriale senza pari. Forse, basterebbe considerare questi fattori come capitali reali per convincerci che non sia necessario andare all’estero per investire. Eppure, tutt’oggi, esiste un problema, certamente imputabile a diversi fattori, legato alla fiducia e alla reputazione del Paese stesso. Per esempio, una proficua collaborazione tra aziende private e entità pubbliche, organi istituzionali e associazioni, accademia e società civile, potrebbe aiutare a riscattare l’immagine dell’Italia nel mondo.